La Cassazione con la recente ordinanza n. 17554 del 2020 del 29.01.2020, ha riconosciuto che “La perdita della capacità di procreare del genitore cagiona al figlio, anche se neonato, la lesione dell’interesse, costituzionalmente protetto dall’art. 29 Cost., a stabilire un legame affettivo con uno o più fratelli e, quindi, un danno non patrimoniale risarcibile”.
Più in particolare, la Suprema Corte ha esaminato un caso di responsabilità medica per inadempimento dei sanitari durante il parto di una paziente che, pur a parto avvenuto, aveva dovuto subire un’isterectomia totale, dalla quale era derivata la impossbilità per la stessa di avere ulteriori figli.
Pertanto, la paziente ed il di lei marito agivano in giudizio in proprio e quali genitori rappresentanti della figlia neonata nei confronti della struttura ospedaliera e dei sanitari per ottenere, oltre al risarcimento di tutti i danni subìti da essa paziente, anche il risarcimento di quelli patiti dal coniuge e dalla figlia neonata per la perdita della possibilità di formare una famiglia più numerosa, quali danni riflessi, e tanto in conseguenza degli inadeguati trattamenti sanitari praticati alla donna, che avevano reso necessario intervenire con una isterectomia totale.
Il Giudice di prime cure accoglieva però solo la domanda di condanna della struttura sanitaria e dei sanitari al risarcimento dei danni in favore della paziente, rigettando le altre; il Giudice di seconde cure, invece, riconosceva anche i danni riflessi patiti dal marito ma riteneva la insussistenza dei danni riflessi subìti dalla neonata, rigettando la relativa domanda.
Dunque, gli attori facevano ricorso alla Suprema Corte per la tutela dei propri diritti, aventi anche rilievo costituzionale (e, quindi, per la cassazione della sentenza) atteso il mancato accoglimento di tutte le loro domande.
Ed, infatti, la Cassazione ha ravvisato la sussistenza dei danni riflessi patiti non solo dal coniuge ma anche dalla figlia minore.
Specificatamente, per quanto riguarda la liquidazione del danno cd. riflesso subìto dal marito e costituito dalla perdita della possibilità di formare una famiglia più numerosa, ha ritenuto giusto e corretto il ragionamento logico-giuridico della Corte d’Appello e la conclusione cui la stessa era giunta, ovvero che si fosse trattato di un danno risarcibile ed anche sulla base di presunzioni di fatto, vale a dire:
a) che il matrimonio fosse stato contratto per formare una famiglia;
b) che la parziale perdita di tale possibilità, dopo la nascita di un solo figlio, costituisse un pregiudizio per tale legittima aspettativa di vita (non risultando diversamente) e, comunque, in considerazione della circostanza concreta che il progetto di vita relativo alla formazione di una famiglia più ampia, la cui irrealizzabilità era stata riconosciuta quale pregiudizio risarcibile in favore della paziente, non potesse non essere comune anche al coniuge di quest’ultima.
La Cassazione non ha però ritenuto conforme a diritto il capo della sentenza della Corte di Appello che aveva escluso la risarcibilità, in favore della figlia minore, del danno conseguente alla perdita della capacità di procreare della madre ed, in particolare, il pregiudizio dalla stessa risentito, consistente nell’impossibilità di accrescimento della famiglia, perché secondo i Giudici del merito “non può ravvisarsi un danno per la minore legato alla perdita della potenziale possibilità di ritrovarsi in una famiglia più numerosa, trattandosi di eventualità che non rientra di certo nelle possibilità, e tanto meno nelle aspettative, di una neonata”.
Al contrario, a Suprema Corte ha osservato che, una volta accertato in fatto che i genitori dell’attrice avevano il comune progetto di vita di creare una famiglia più numerosa (si tratta del presupposto di fatto sulla base del quale è stato loro riconosciuto il risarcimento dell’analogo danno non patrimoniale) e che la realizzazione di tale progetto di vita era stato impedito dalla condotta illecita dei danneggianti, ne consegue, necessariamente, sul piano logico, che la figlia minore ha perduto la possibilità di avere uno o più fratelli e quindi di stabilire il legame affettivo con gli stessi che normalmente si determina tra fratelli.
Hanno sottolineato i Giudici di legittimità che il predetto legame affettivo costituisce un valore tutelato dall’ordinamento, ai sensi dell’art. 29 Cost. e che pertanto non può dubitarsi che vada riconosciuto il risarcimento del danno provocato dalla sua perdita, in caso di morte di un fratello già nato (anche quindi nel caso in cui si tratti di un legame nella sostanza meramente potenziale, come nel caso in cui la vittima o il superstite fossero in età neonatale).
Ed ancora. Secondo la Cassazione, altrettanto deve quindi ritenersi (pur potendo rappresentare ovviamente un pregiudizio con incidenza ridotta), in linea di principio, per la preclusa possibilità, in concreto, di acquisire il suddetto legame. E sempre che sia ragionevolmente accertato, come nella specie, che si sarebbe acquisito detto legame e che vi siano elementi, anche presuntivi, sufficienti a far ritenere che la sua mancanza abbia rappresentato in concreto un pregiudizio rispetto alle aspettative di vita del danneggiato.
In quest’ottica, che l’attrice fosse appena nata al momento del fatto, deve ritenersi del tutto irrilevante, in quanto il pregiudizio di cui si discute (ove effettivamente sussistente) si sarebbe manifestato comunque certamente nel corso della sua vita, concretandosi nell’impossibilità di avere dei fratelli. D’altra parte, hanno sostenuto i Giudici di legittimità, se si dovesse dar seguito all’affermazione della Corte di appello sul punto, dovrebbe addirittura negarsi la sussistenza di qualunque pregiudizio per il neonato, anche in caso di morte di un fratello maggiore, il che risulta certamente contrario ai principi costantemente affermati dallla giurisprudenza.
Orbene, i Giudici Ermellini hanno cassato la sentenza sul punto, affinchè in sede di rinvio sia accertato, anche in base ad elementi presuntivi, se effettivamente la perduta possibilità di stabilire il legame affettivo che normalmente si determina tra fratelli abbia causato un pregiudizio alle aspettative di vita della neonata e, nell’eventualità positiva, sia liquidato il relativo danno.