Disinteresse del genitore verso il figlio: diritto del figlio e dell’altro genitore al risarcimento del danno.

Il Tribunale di Cagliari, sez. II, con sentenza del 12.02.2020, ha sancito che il disinteresse del genitore verso il figlio, oltre a costituire una grave violazione degli obblighi genitoriali, incidendo su beni fondamentali costituzionalmente tutelati dagli artt. 2 e 30 Cost., integra anche un illecito civile e consente al figlio ed all’altro genitore un’autonoma azione risarcitoria ai sensi dell’art. 2059 c.c..

Nella vicenda sottoposta al Giudice del Tribunale di Cagliari, la figlia ha domandato al padre il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti a causa della privazione della figura parterna sin dalla nascita. Ed infatti, il padre si era da sempre disinteressato della figlia, non l’aveva mai incontrata, neanche quando la bambina aveva subito un grave sinistro stradale e la stessa, pertanto, era cresciuta con la completa assenza della figura paterna.

La partecipazione del padre agli obblighi genitoriali, quindi, si sarebbe limitata al versamento di somme di denaro per il mantenimento della figlia, mediante spedizioni postali, contanti o con bonifici bancari: modalità percepite dalla bambina come particolarmente avvilenti; e tale sofferenza non si era attenuata a seguito dell’incontro con il padre, conosciuto per la prima volta nella sua vita in un’aula giudiziaria.

La condotta gravemente omissiva del padre ha determinato, fin dalla nascita della figlia e senza soluzione di continuità, un grave stato di sofferenza psicologica derivante dalla privazione ingiustificata della figura paterna, sia sotto il profilo della relazione affettiva, oltre che sotto il profilo della negazione dello status sociale derivatone; conseguentemente, sostiene il Trubunale di Cagliari, si è così determinata una lesione di carattere irreversibile di diritti di natura costituzionale, con riferimento ad entrambe le sfere sopradescritte.

Ed invero, a mente della sentenza citata, il disinteresse del genitore nei confronti del figlio costituisce, in primo luogo, una grave violazione degli obblighi genitoriali, così come sanciti dalle norme codicistiche, tra le quali quelle contenute nell’art. 315 bis c.c.: “il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni (…) ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti”; nell’art. 316 bis c.c. secondo il quale “i genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo”: norme entrambe richiamate dagli artt. 147 e 148 c.c.. La relativa obbligazione si collega allo “status” genitoriale ed assume, di conseguenza,  decorrenza dalla nascita del figlio (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7960 del 28/03/2017).

Il “diritto ad essere educato e mantenuto” deve essere inteso nel più ampio significato, desumibile dalla lettura coordinata degli artt. 2 e 30 Cost., di condividere fin dalla nascita con il proprio genitore la relazione filiale, sia nella sfera intima ed affettiva, di primario rilievo nella costituzione e sviluppo dell’equilibrio psicofisico di ogni persona, sia nella sfera sociale, mediante la condivisione ed il riconoscimento esterno dello status conseguente alla procreazione; tali profili integrano il nucleo costitutivo originario dell’identità personale e relazionale dell’individuo e la comunità familiare costituisce la prima formazione sociale che un minore riconosce come proprio riferimento affettivo e protettivo.

Le dette garanzie, desumibili dalla fonte costituzionale, appaiono oltremodo rafforzate, oltre che dalla Convenzione di New York del 20.11.89, sui diritti del fanciullo, ratificata con L. n. 176 del 1991, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza), che, all’art. 24, comma 3, afferma il diritto per il bambino alla protezione e alle cure necessarie al suo benessere, nonchè quello d’intrattenere relazioni e contatti diretti con i propri genitori; altresì, dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, come interpretata dalle decisioni emesse in materia dalla Corte di Strasburgo, che -prevedendo agli artt. 8 e 14 il diritto inviolabile al rispetto della vita privata e familiare (ascrivendo alla nozione di «vita familiare» anche la relazione tra il figlio e ciascun genitore naturale, anche in assenza di convivenza tra i genitori, Keegan c. Irlanda, ric. n. 16969/90, 26 maggio 1994) e il divieto di discriminazioni anche nel caso di figlio nato fuori del matrimonio (Mitzinger c. Germania, ric. n. 29762/10, 9 febbraio 2017)- consente di individuare il diritto del figlio di essere amato ed assistito dai genitori, senza discriminazioni, individuando come espressione del diritto fondamentale alla vita familiare la possibilità per genitori e figli di godere della reciproca presenza, con continuità e assiduità di relazione.

Pertanto, il giudice del merito giunge alla conclusione che il disinteresse del genitore, oltre a costituire una grave violazione degli obblighi genitoriali come sopra descritti, incidendo su beni fondamentali della persona, integra anche un illecito civile e consente un’autonoma azione risarcitoria ai sensi dell’art. 2059 c.c..

Tale fattispecie è stata orami da tempo inclusa, dalla giurisprudenza di legittimità, nella nozione di illecito endofamiliare, che comprende tutte le ipotesi in cui, nell’ambito di relazioni familiari, si realizzino lesioni ai diritti della persona costituzionalmente garantiti, in conseguenza di una violazione dei doveri familiari: infatti, i diritti inviolabili della persona rimangono tali anche in tale ambito, cosicchè la loro lesione da parte di altro componente della famiglia può costituire presupposto di responsabilità aquiliana (Cass. civ., sez. I, 15.9.2011, n.18853; Cass. sez. I, 10.4.2012 n. 5652; Cass. Sez. 1, 22/11/2013 n. 26205; Cass. Sez. I, 22/07/2014, n. 16657; Cass. sez. VI, 16/02/2015, n.3079; Cass. civ. sez. III, 27/05/2019, n.14382).

Inoltre, il Tribunale di Cagliari, conformandosi al precedente del Tribunale di Roma n. 4169/2016, ha ravvisato, nella sentenza in commento, anche il diritto della madre al risarcimento del danno non patrimoniale -rappresentato dall’avere dovuto sempre provvedere in via esclusiva alla cura della figlia, con rinuncia a perseguire qualunque altro obiettivo lavorativo e personale e dal profondo stato di frustazione e depressione alla stessa derivatone- per violazione del diritto garantito dalla Costituzione all’art. 30, secondo cui: “È diritto e dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”.

Ed infatti, l’art. 30 della Costituzione, riferendosi ad entrambi i genitori come soggetti obbligati a mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio, fa sorgere un obbligo reciproco, che, in quanto connesso alla procreazione, è naturalmente, strutturalmente condiviso. Nel dettato costituzionale, cioè, è ravvisabile la previsione di un sistema, in cui i due genitori debbono cooperare nella cura e nell’educazione del figlio, nell’interesse di quest’ultimo, ma anche di ciascuno di essi, poichè l’adempimento del compito intanto è possibile ed è svolto adeguatamente, fisiologicamente, se sussiste la collaborazione dell’altro.

Quindi, l’art. 30 della Costituzione riferendosi ad entrambi i genitori come soggetti obbligati, configura un obbligo reciproco la cui violazione cagiona non solo al figlio, ma anche al genitore che da solo abbia accudito la prole, un danno non patrimoniale; in tale condotta, pertanto, può ravvisarsi la violazione di un diritto costituzionalmente garantito e, come tale, risarcibile secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ..

Ritiene, altresì, il giudice del Tribunale di Cagliari che nello svolgersi del percorso evolutivo in materia di filiazione appena accennato, anche il principio della bigenitorialità, introdotto con la legge n. 54/2006 e diretto ad assicurare un pari ruolo ai genitori (a prescindere dalla sussistenza o meno di un vincolo matrimoniale ovvero dalla eventuale coabitazione con il figlio), possa consentire di configurare un diritto fondamentale anche del genitore alla partecipazione attiva, da parte dell’altro genitore, nel progetto educativo, di crescita e di assistenza della prole.

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