NESSUN CONTRIBUTO ARNEO IN ASSENZA DI BENEFICIO

NESSUN CONTRIBUTO ARNEO IN ASSENZA DI BENEFICIO

E’ quanto ha stabilito la Commissione Tributaria Provinciale di Lecce con recenti sentenze e, precisamente, ex multis, la n. 1305 del 2017 e la n. 1072 del 2018, con cui, in accoglimento dei ricorsi presentati, ha annullato solleciti di pagamento di contributi di bonifica e relative ingiunzioni fiscali, emessi dal Consorzio di Bonifica Arneo – per il tramite di Concessionari per la riscossione – nei confronti di proprietari di fondi in agro di Brindisi che, seppure ricadenti nel comprensorio consortile, non avevano conseguito beneficio alcuno dalle opere dell’Arneo.

L’Autorità giudiziaria, infatti, ha ravvisato nei fatti di causa la infondatezza della pretesa tributaria e, quindi, la non debenza dei contributi di bonifica per i fondi oggetto di imposta, per inesistenza del presupposto impositivo; ed, in particolare, ha ritenuto insussitente “qualsiasi miglioria al fondo assoggettato a contribuzione”.

Ed invero, il R.D. 13 febbraio 1933 n. 215, recante nuove norme per la bonifica integrale, a cui si sono rifatti gli artt. 860-865 del Codice Civile, e le recenti leggi della Regione Puglia nn. 12/2011 e 4/2012, rispettivamente agli articoli 3 e 17, sanciscono che i proprietari degli immobili ricompresi nel comprensorio di azione del Consorzio di Bonifica sono tenuti al pagamento del contributo di bonifica solo qualora vi sia stato un “beneficio diretto e specifico” sul loro fondo, chiarendo che tale possa intendersi solo un “concreto vantaggio tratto dall’immobile a seguito dell’opera di bonifica”.

Non è quindi sufficiente la mera inclusione dell’immobile nel territorio appartenente al Comprensorio, o la mera esecuzione di opere di bonifica nello stesso, perché si possa ritenere esistente il beneficio in favore del contribuente.

Inoltre, tale beneficio o vantaggio derivante dalla bonifica, proprio per la natura corrispettiva del tributo che i consorzi possono esigere dai proprietari degli immobili siti nel comprensorio, non può essere indiretto o generico, perché altrimenti sarebbe perduta l’inerenza all’immobile, ma deve risultare concreto ed “effettivo” e va accertato con riferimento a ciascun bene.

In tal senso si è sempre espressa la giurisprudenza tributaria di merito e di legittimità; già nel lontano 1993 la Suprema Corte statuiva che “Le spese di funzionamento di un consorzio di bonifica possono costituire oggetto di imposizione contributiva, con riguardo a periodi successivi al compimento di tale opera ed a carico di proprietari di immobili, solo quando un vantaggio specifico e diretto di ciascuno dei beni di cui trattasi sia stato accertato, come effetto dell’opera di bonifica, nelle forme previste dalla legge”.

Maggiori precisazioni sono state fornite, altresì, dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 8957 del 1996 e dalla stessa Corte, a sezioni semplici, ex plurimis, con la sentenza n. 2241 del 2015.

Orbene, la Commissione tributaria provinciale di Lecce, nei processi in commento, proprio in applicazione delle norme di legge e dell’orientamento giurisprudenziale in materia, ha ritenuto insussistente il presupposto previsto dalla legge per la riscossione del contributi di bonifica, vale a dire il beneficio diretto e specifico; da un lato, perché alcuna prova a tal proposito aveva fornito l’Ente impositore resistente, cui era tenuto nel rispetto del principio dell’onere della prova; dall’altro lato, perché, comunque, i contribuenti avevano dimostrato in giudizio che alcun miglioria avevano conseguito i propri fondi.

Ed infatti, i canali di bonifica presenti sui luoghi non prestavano alcuna forma di servizio e di utilità ai fondi dei ricorrenti e tanto, non già per limiti nella impostazione e struttura dal punto di vista tecnico dei terreni, quanto per la mancanza di una funzionalità vera e corretta dei canali medesimi, dovuta all’assenza completa di manutenzione, anche ordinaria, sulle opere e sui manufatti, protrattasi per decenni, i quali versavano, quindi, in uno stato di abbandono.

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